Licenziamenti nella scuola tra privatizzazione e ignavia

Comincia il primo anno scolastico della scuola devastata dalla Riforma Gelmini. I provvedimenti del governo Berlusconi, dopo aver colpito la scuola primaria ora affossano la secondaria e contemporaneamente determinano il licenziamento di una parte considerevole dei lavoratori dell’istruzione. Il commento Bassa macelleria su un vivaio di presunti “fannulloni” di Emilio Sansone.In questa strana Nazione succedono strane cose. La cosiddetta Riforma Gelmini, che già dall’anno precedente ha iniziato a ridimensionare selvaggiamente il Comparto della Scuola Primaria, sta procedendo inesorabilmente e a passo di carica. Ora è il momento di applicare la chirurgia alla Scuola Secondaria Superiore. Il trucco è semplicissimo: si passa da 36 a 32 ore settimanali di orario cattedra. In tal modo si riesce a tagliare la spesa di settore di oltre il 10% con un semplice “colpetto” di spugna. Evviva il “governo del fare”, ragazzi. Basta poco, che ce vò? Tanti “fannulloni” in meno da pagare rappresentano la concreta possibilità di liberare risorse pubbliche per faccende ben più utili. Chessò… il ponte sullo Stretto di Messina… importantissime Commissioni Governative per la Semplificazione Normativa… le centinaia o migliaia di Enti Inutili che tutti dicono dagli anni ‘50 di voler eliminare ma che evidentemente sono essenziali al Paese…

C’era solo un piccolo dettaglio da affrontare per poter applicare la bassa macelleria… oops… volevo dire l’alta chirurgia al Comparto Scuola Secondaria: pare che non sia facile per nessuno degli efficientissimi funzionari governativi decidere cosa e dove tagliare, dato il numero molto elevato e variegato di tipologie e specializzazioni esistenti al momento sul territorio nazionale. E qui c’è stato l’autentico “colpo di genio” dei gelminiani. Costoro si sono detti: “Ma… in fondo… a pensarci bene… a noi che importa?… non sono mica fatti nostri. Noi diciamo alle mandrie in che misura dobbiamo tagliare. Dopo di che saranno le mandrie stesse ad individuare le vittime da sacrificare in nome del contenimento della spesa pubblica”. La Gelmini è riuscita ad obbligare le singole scuole a predisporre fin dal marzo 2010 collegi docenti destinati ad individuare dove e quanto tagliare, materia per materia. In pratica gli agnelli si sono sbranati tra di loro, trasformandosi in lupi per la ragion di stato, consistente nel risparmio selvaggio di pubbliche risorse per mantenere evidenti parassitismi altrove.

Ma c’è un fatto ancora più strano: la categoria degli “addetti ai lavori” (gli agnelli) si è adeguata a questa cruenta mutilazione senza batter ciglio. Sembra che una incoercibile forma di narcolessia si sia diffusa tra tutti coloro che lavorano nel settore Scuola Statale. Invece di insorgere massicciamente contro questa casuale e qualunquistica vivisezione dell’Istruzione Pubblica,  che potrebbe facilmente portare a un futuro rinnovato medioevo culturale, si ottempera al “diktat” proveniente dall’alto, praticando l’auto-castrazione. D’altra parte non si tratta di un fatto nuovo. Tanto per citare un esempio relativamente recente, il famigerato Decreto Ministeriale 24 aprile 1992, meglio noto come Progetto 92, taglieggiò drasticamente il numero di ore destinate alle materie pratiche negli Istituti Professionali di Stato. Anche in quel caso la categoria si prosternò al “diktat” gerarchico. Col risultato che gli Istituti Professionali divennero delle “brutte copie” degli Istituti Tecnici: buona parte delle ore destinate alle materie pratiche furono sostituite da ore teoriche. Anche in quel caso si puntò al semplice “risparmio di risorse pubbliche”, con buona pace dell’offerta qualitativa di quel tipo di istruzione. Infatti all’epoca i taglieggiati avrebbero dovuto chiedersi: a che diavolo servono gli Istituti Professionali di Stato se li depotenziamo ferocemente proprio sulle materie pratiche? Invece pure in quell’occasione i lavoratori danneggiati assunsero la classica posizione ad angolo retto, abbracciando il noto slogan: “che ci vuoi fare… ormai hanno stabilito così”.

Vogliamo dedurre qualche cosa da questo “sgangherato” ragionamento? Proviamoci:

Ci si trova da tempo immemorabile in presenza e in costanza di una situazione di gestione della Cosa Pubblica dove, a fronte di una pressione fiscale ingiustificata, nessun governo nazionale manifesta l’effettiva volontà politica di risolvere problemi concreti di massa. E’ verissimo, per esempio, che nel settore dell’Istruzione esistono sacche di parassitismo, e cioè di gente che prende uno stipendio senza far niente o quasi per la comunità. Ma questo, come già detto più sopra, esiste anche in politica e in qualsiasi altro settore pubblico, e in parte anche nel privato. Infatti, per esempio, l’Istruzione Privata viene in parte sovvenzionata dallo Stato. Com’è che prima di tagliare nell’Istruzione Pubblica non si azzerano completamente i contributi alla Scuola Privata? Chi ha deciso che tutti i parassiti si annidano nella scuola pubblica? Non è che per caso si colpisce sempre e solo dove è più facile? E cioè si mira semplicemente ad abbattere gli esemplari più deboli e indifesi del branco? Se così è di fatto, si può dire che questo tipo di comportamento politico è degno di un Paese che si vuole ritenere “civile”?

Inevitabilmente in questo Paese, dove lo Stato è da sempre forte con i deboli e debole con i forti, si spara nel mucchio. In tal modo a decimazione effettuata si assiste in tutti i settori del pubblico impiego, e in particolare nel Comparto Scuola, a un peggioramento della qualità del servizio, senza che il parassitismo venga effettivamente diminuito. Di solito dopo i tagli tutti sono stati falcidiati, tranne che i reali parassiti. Perché? Perché per diminuire il numero dei cosiddetti “fannulloni” tanto invisi al bravo Brunetta si dovrebbe fare esattamente il contrario. Si dovrebbe cioè investire maggiormente in tutti i Servizi Pubblici Primari, prendendo i soldi dalle risorse destinate a tutti quei privilegi parassitari e mafiosi più o meno occulti che prosperano all’ombra della partitocrazia, e che assorbono la quasi totalità delle risorse pubbliche. A quel punto, effettivamente, si potrebbe dire al parassita: “Amico, tu stai succhiando indebitamente il sangue della comunità produttiva e contribuente. Questo non è giusto. Se niente vuoi fare per il Prossimo, niente ti è dovuto dal Prossimo”.

Che si fa, invece? Si tende a “privatizzare” tutto quello che comporta costi di redistribuzione delle risorse pubbliche in favore degli strati meno abbienti della popolazione. Oppure “si taglia” col sistema del “qualsiasi taglio va sempre bene, purché non sia la mia parrocchia a rimetterci”. Lo Stato non è in grado di sostenere le spese dell’istruzione pubblica, né quelle della sanità, né quelle pensionistiche, né quelle di potenziamento della giustizia, né quelle di incoraggiamento e propulsione delle attività produttive, né di diminuire la pressione fiscale per far ripartire i consumi. Non ci sarebbe da meravigliarsi se si tentasse di “privatizzare” perfino Polizia e Carabinieri…

In un quadro del genere un qualsiasi cittadino “onesto” ha ragione a chiedersi: “Perché diavolo devo continuare a pagare le tasse? Solo per mantenere i parassiti autentici? E cioè politicanti, lobbies, mafie, camorre, banche, truffatori e congeneri?” Non si può infatti continuare a taglieggiare il contribuente senza che costui possa vedere tangibilmente come vengono impiegati i suoi soldi. Sarà per questo che in questa Nazione, se potessimo, saremmo tutti evasori totali?

Eppure si devono ben precisare le responsabilità della cosiddetta “vittima”: in Italia la vittima è e rimane sostanzialmente carnefice di se stessa. Questo è il “paese del cinquanta per cento”, che equivale all’inerzia, all’ignavia, all’accidia. Su qualsiasi argomento, problema o anomalia strutturale il Paese si “spacca a metà”. Se si provasse ad effettuare un sondaggio sul quesito: “Ritenete voi che un politico professionista debba essere onesto?” si otterrebbe una ripartizione del 50% tra “si” e “no”. Se il quesito proposto fosse: “Ritenete voi che la mafia sia una buona cosa?” si riscontrerebbe lo stesso tipo di risposta del 50% pro e contro.

E’ caduto il muro di Berlino, è fallito il Comunismo, è finita la Guerra Fredda, la Cina si sta occidentalizzando, in America c’è un Presidente Nero. Ma in Italia non cambia mai niente. Perché? Perché siamo il “Paese del Cinquanta per Cento”. In un paese del genere è sempre vero tutto e il contrario di tutto. Come mai succede questo? Mah… forse non siamo così intelligenti come comunemente si crede… oppure siamo troppo individualisti per raggiungere un qualsiasi tipo di maggioranza… ma se siamo troppo individualisti vuol dire che non siamo intelligenti… un  contesto civile ben organizzato deriva dalla compatibilità tra esigenze del singolo e esigenze del popolo. Ciò vuol dire che se il singolo individuo tenta di “allargarsi” troppo va fermato prima che possa  dare origine a una “casta”. Laddove questo non si verifica è inevitabile che si instaurino regimi autoritari, anche se mascherati da sorrisi a 64 denti. Altro che libertà… la libertà si raggiunge quando un cittadino onesto (un agnello) prende un’ascia, spacca il cranio (metaforicamente) a un mafioso o a un prevaricatore (un lupo) e viene assolto dalla maggioranza. Da queste parti si verifica esattamente il contrario: il prevaricatore trova facilmente comprensione e generosità. Chi invece tenta di vedersi riconosciuto un legittimo diritto violato deve fare molta attenzione a come si muove, per evitare di passare dalla parte del torto.

Quello che rimane ostico, in tutto questo guazzabuglio, è riuscire a interpretare la pavidità e la rassegnazione bovina fondata sul “che ci possiamo fare… ormai hanno deciso così…”, tanto cara, per esempio, a chi si occupa professionalmente di Scuola Pubblica. Si ha l’impressione che questa fascia di lavoratori italici abbia una scarsa propensione a ritenersi una categoria socialmente utile. C’è da presumere che la qualità dell’istruzione interessi poco soprattutto agli addetti ai lavori. Eppure, in altri settori e/o in altri Paesi, c’è gente che non ha problemi ad arrampicarsi sui tetti o a protestare sul serio, se vede minacciato il suo posto di lavoro o se si ritiene vittima di un’ingiustizia o di una prevaricazione. Anche se l’ingiustizia proviene dai cosiddetti rappresentanti del popolo…

Le soprastanti considerazioni furono elaborate nel marzo 2010. Ora siamo in settembre e c’è ben poco da aggiungere: si è puntualmente verificato quanto si poteva prevedere. Alcuni ottimi e volenterosi precari hanno perso il posto di lavoro, altri hanno “salvato momentaneamente la pagnotta” per puro caso, magari perché il trasferito recalcitrante ha ottenuto un cosiddetto “utilizzo” nella preesistente sede di servizio. I fannulloni reali sono presumibilmente tutti al loro posto: costoro si annidano per lo più tra quelli che hanno il posto assicurato, e che magari andrebbero volentieri in pensione. Ma dato che pure sulle pensioni bisogna risparmiare, è preferibile un insegnante alzheimer a un giovane precario ricco di risorse e di energie. Con buona pace della qualità del Servizio Scuola Pubblica, del rispetto verso gli utenti paganti, della continuità didattica e di “fesserie” consimili. Sta di fatto, comunque, che la mutilazione sulla Scuola Secondaria non è completata: alcune classi hanno ancora un orario settimanale di 36 ore, che dovrà evidentemente essere decurtato a partire dal prossimo anno scolastico. 

Al momento in cui si scrive la trovata migliore della Gelmini consiste nella proposta di bocciare automaticamente gli allievi che superano i 50 giorni di assenza annuale. Esistono casi di allievi gravemente malati, per esempio di cancro, che potrebbero aver bisogno di terapie eccedenti tale limite temporale, e che magari, se proprio devono andare all’altro mondo, gradirebbero non sentirsi dire: “visto che stai per morire, ti boccio”. E’ un concetto alquanto antipatico, in un contesto civile. E comunque ricordiamoci che teoricamente siamo in democrazia, e che perciò se un cittadino ha pagato preventivamente per un servizio pubblico, può successivamente utilizzarlo come più gli aggrada. Se il cittadino è un minorenne, e il pagante è il genitore, si dovrebbe chiedere al pagante “vuoi tu che tuo figlio sia bocciato se supera i 50 giorni di assenza?”. Se invece non siamo più in democrazia, allora andiamo avanti con i “soldatini di piombo”.

Rimane da chiedersi come mai il “governo del fare”, seriamente impegnato, a suo dire, sul fronte dell’evasione fiscale e della lotta alla mafia, non tenta di recuperare risorse monetarie, invece di insistere nella ignobile pratica della mutilazione sui pubblici servizi. Pare infatti che il bilancio totale dei due suddetti settori (evasori fiscali e mafie) sfondi allegramente i 300 miliardi di euro annui. [Emilio Sansone]

1 thought on “Licenziamenti nella scuola tra privatizzazione e ignavia

  1. Condivisibile l’analisi sociopolitica, ma la degenerazione intellettuale individuale e collettiva ha superato il 50%. Dopo un auspicabile diluvio escatologico, con un rinnovamento umano potenziato al senso di responsabilità personale e collettivo si potrà parlare di scuola, cultura, valori etc.etc.

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